Britney Spears, ovvero l’epoca più felice della storia dell’umanità
…Baby One More Time
La canzone in sé, onestamente, non era un granché. L’arrangiamento era il massimo del commerciale e il testo raccontava i dolori di un amore adolescenziale finito male, senza, c’è da dire, una particolare profondità. Praticamente Britney era stata mollata dal fidanzato. Lui, molto probabilmente, si era infastidito perché lei continuava a fare un po’ la zoccola a scuola. E alla ne si erano lasciati. Lei però non poteva vivere senza di lui, si era accorta di essersi comportata male e voleva essere “colpita” ancora una volta…
C’è da tener presente che, nell’ambito della temperie culturale che aspettava il Duemila come un territorio inesplorato e da colonizzare nel segno del progresso, Britney Spears è stata un fenomeno televisivo ancora prima che musicale. E in- fatti, per comprendere appieno la portata simbolica di questo brano e lo spessore che acquisisce rileggendolo ad anni di distanza, bisogna rivedere il video. Chi nel 1999 aveva un’età compresa tra gli otto e gli ottantotto anni è impossibile che non se lo sia mai trovato davanti.
Siamo in una scuola americana, dove Britney canta e balla per esprimere il suo disperato grido d’amore verso il fidanzato che l’ha lasciata. Ma non è una donna distrutta, anzi, sbatte in faccia al suo – ormai si presume – ex fidanzato la sicumera di chi ha la consapevolezza che, se avesse voluto, avrebbe potuto farsi tutti i ragazzi della scuola e anche qualche professore. In quel corridoio c’è tutta la simbologia di come, al di qua dell’oceano, ci si immaginavano le scuole americane a quei tempi. Ampie, spaziose con ragazzi bellissimi e ben vestiti, con un armonioso mix interrazziale e tanta positività. E con i meravigliosi armadietti. Tutte le ragazze avrebbero voluto avere Britney come amica. Tutti i ragazzi ci si sarebbero voluti fidanzare. Tutte le madri, in cuor loro, speravano di aver una figlia così. Tutti i padri, sempre in cuor loro, speravano che la figlia portasse prima o poi a casa un’amica così. E metteva pure allegria ai nonni.
Britney era un fenomeno trasversale e intergenerazionale. Britney raccontava in quel video, in una scuola splendente come un centro commerciale, un problema esistenziale che, almeno a parole, la distruggeva. Ma aveva pure un contesto che la circondava che era rassicurante e accogliente e l’attitudine di chi sarebbe potuto riuscire a ottenere tutto quello che voleva. Ogni cosa, si capiva in quel video, si sarebbe sistemata.
Quegli anni, diciamo più meno dall’estate del 1996 a quella del 2001, sono stati il periodo più felice della storia dell’umanità. C’era un tenore di vita nettamente superiore a quello degli anni precedenti, non c’erano pericoli globali, poche paranoie e l’ottimismo di chi immagina un futuro in cui le cose non potranno che migliorare. È solo col senno di poi, però – perché in quegli anni nessuno era consapevole di vivere nel momento più felice della storia – che ci si rende conto che l’epoca d’oro dell’umanità, aveva una profetessa e un manifesto culturale, ovvero Britney Spears e Baby one more time. E di questo devono convenire anche tutti quelli che, all’epoca, quando la vedevano o la ascoltavano, deridevano il fenomeno come una mera trovata commerciale senza valore. Non avrà avuto valore musicale, forse, ma ha avuto una portata psico-sociologica potentissima. Al pari di un grande classico della letteratura mondiale. Britney è riuscita a inculcare nelle teste di un’intera generazione, sia fra chi la amava, sia chi fra la disprezzava – perché i grandi profeti sanno parlare anche agli agnostici –, la convinzione che, sì, non bisognava preoccuparsi più di tanto perché le cose non sarebbero potute che migliorare. La tua scuola, la tua università, il tuo posto di lavoro sarebbero stati splendenti come un centro commerciale, il tuo ragazzo sarebbe tornato a chiederti scusa in ginocchio e internet, ormai era chiaro, ci avrebbe presto fatto diventare tutti ricchissimi senza bisogno di lavorare.
Quando poi il nuovo millennio ha faticato a mantenere le promesse fatte, Britney ne ha incarnato la decadenza. Si è umiliata, si è resa ridicola, è stata abbandonata da chi prima la celebrava. È stata costretta a ripartire mille volte e mille volte è tornata. Ogni volta portando su di sé un nuovo segno delle offese che la vita le aveva inferto. È invecchiata male, dimostra più anni delle sue coetanee. Si è ridotta come tutti quelli che, in quegli anni, avevano scommesso sul fatto che il futuro non potesse che portare costanti miglioramenti. Eppure continua a insegnare la filosofia a del non smettere mai di sperare. E forse, nonostante tutto, quella lezione continua a essere valida anche in mezzo alle catastrofi del terzo millennio.
Il testo è tratto da una nota al romanzo “Tempi Come Questi. Una storia di musica, politica e amore“.
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