Il fiume che si prese mia nonna
Edda, Elisa e Giuseppe hanno avuto un’infanzia complicata. Quando erano dei bambini la loro mamma, Elsa, è morta. E’ stato un suicidio, dissero senza ombra di dubbio, i carabinieri. In una mattina di maggio Elsa uscì di casa con l’anima piena di troppe, insostenibili, inquietudini. Si gettò nel canale Navile di Bologna ed il suo corpo fu trasportato, per una settimana, per chilometri e chilometri, dalla corrente, nel canale e poi nel fiume Reno, fino a Santa Maria Codifiume, nel Ferrarese.
Valentina, invece, ha avuto un’infanzia come tante altre. Da bambina le piaceva tanto disegnare ed ha coltivato la sua passione studiando all’Accademia delle Belle Arti. Aveva solo un secondo nome, come un tatuaggio sulla pelle, come il segno di qualcosa che era stato. Elsa. Come quella nonna che era morta tanti anni prima della sua nascita. Come quella nonna della quale nella sua famiglia non si era mai parlato, se non per brevi, evasivi, fugaci accenni. “Devi dimenticarti tutto, Valentina, questa storia non devi mai raccontarla a nessuno. A nessuno”.
Invece Valentina D’Accardi ha disobbedito e si è messa a cercare, da sola, quelle informazioni sulla sua nonna che nella sua famiglia erano avvolte dal silenzio. La sua ricerca è diventata un lavoro artistico, presentato dalla galleria Abc, che ha colpito i visitatori di SetUp, la fiera di arte contemporanea indipendente che si è svolta a Bologna nell’ultimo fine settimana di gennaio. E che le ha valso anche il premio ‘SetUp artista under 35’ per la migliore opera.
Della vicenda di Elsa Mengoli, nel maggio del 1972 i giornali locali avevano scritto brevi di cronaca. Una donna era scomparsa a Bologna. Un cadavere, qualche giorno dopo, era stato trovato nel Reno, ad una quarantina di chilometri di distanza. Il corpo era reso irriconoscibile dalla corrente. Elsa fu identificata solo per la fede che aveva al dito, dove dentro c’era scritto Ercole, il nome del nonno di Valentina. Chi fece le indagini chiuse subito il caso. La donna, scrissero i giornali, “era un po’ esaurita”: negli anni settanta mancavano perfino le parole, per parlare di queste cose. Insomma, Elsa Mengoli si era sicuramente suicidata.
La foto del matrimonio fra Elsa ed Ercole e le copie del ‘Resto del Carlino’ del 1972, aprono la mostra di Valentina D’Accardi. Accanto, ci sono le foto, realizzate in un delicato bianconero, che documentano il viaggio che ha fatto Valentina, nella pianura emiliana, fra Bologna e Ferrara, lungo il Navile e lungo il Reno, per ripercorrere e documentare i luoghi dell’ultimo viaggio del cadavere di quella nonna sconosciuta e dimenticata che le ha lasciato in eredità il secondo nome ed uno scialle bianco che aveva cucito a mano.
“Avevo questa esigenza – racconta Valentina – perché è una cosa che mi ha segnato la vita, anche perché mi porto il nome di mia nonna come secondo nome ed è un’eredità pesante. Io avevo bisogno di raccontare questa eredità”. E da quella raccomandazione arrivata a mezza voce dalla sua famiglia, “dimentica tutto, non dire niente a nessuno”, ne è nato un piccolo capolavoro che ha la semplicissima capacità di trasformare la storia della famiglia di Valentina nella storia di tutte le famiglie, con i tanti piccoli e grandi segreti, i tanti piccoli e grandi non detti, i tentativi di oblio che finisco per annidarsi, però, nel cervello di chi rimane. E che quando vengono fuori lo fanno con una potenza travolgente.
Edda, Elisa e Giuseppe avevano 11, 10 e 6 anni e Valentina, anziché ritrarli fotograficamente li ha disegnati, ancora bambini, bambini sperduti, per regalare loro quell’infanzia spensierata che non hanno mai avuto. Valentina, con i suoi disegni, ha voluto solo prendersene cura. Senza commiserare, né tantomeno giudicare nessuno.
Edda, la figlia di Elsa, la mamma di Valentina, non aveva mai raccontato niente alla figlia. Un po’ perché non sapeva, un po’ perché il suicidio della propria madre è una di quelle cose con le quali non puoi mai fare i conti: i ricordi sfocati di una bambina sono un modo per crearsi uno scudo che permette di non rovinarsi la vita. “Forse è scivolata, non sapeva nuotare”.
Edda non sapeva niente nemmeno del lavoro di Valentina.
Lo ha visto solo quando ha visitato di SetUp, orgogliosissima di quella bambina che amava tanto disegnare che è diventata grande con la sua arte.
Ed ha pianto quelle lacrime che, per tutta una vita, le avevano detto che non si dovevano piangere.
Lo ha visto solo quando ha visitato di SetUp, orgogliosissima di quella bambina che amava tanto disegnare che è diventata grande con la sua arte.
Ed ha pianto quelle lacrime che, per tutta una vita, le avevano detto che non si dovevano piangere.
(per Gli Stati Generali)