Jurgen Sparwasser, una pallonata contro il muro
Ci sono degli episodi, nella storia del secondo novecento, che tutti si ricordano dove si trovavano quando accaddero. Chi e’ nato nella Germania Est spaccata dal muro ricorda alla perfezione dove si trovava il 22 giugno 1974, quando al Volksparkstadium di Amburgo Jurgen Sparwasser tirò una pallonata contro il muro di Berlino. La Germania Est vinse il suo primo e unico incontro contro la Germania Ovest che di lì a qualche giorno si sarebbe laureata campione del mondo.
Sulla sua tomba (per carità, lunga vita al caro Sparwasser…) probabilmente di date ne scriveranno tre: oltre a quella di nascita e di dipartita ci sarà anche quella di quel giorno, quando il muro di Berlino 13 anni dopo la sua costruzione, 15 anni prima della sua caduta, vibrerà sotto i colpi di una pallonata, calciata con potenza da quella mezz’ala magra e talentuosa che porto alla Ddr quello che è passato alla storia come il Bruder-duell, lo scontro fratricida. A Cesena c’é anche chi se lo ricorda per una scazzottata in campo con Oddi e Boranga nell’unica storica apparizione dei romagnoli in coppa Uefa, ma questa sarebbe tutta un’altra storia.
A quei tempi la Germania Ovest era uno squadrone. Quattro anni prima era arrivata in semifinale in Messico, sconfitta in quell’Italia-Germania 4-3 che ormai è quasi un luogo comune dello sport. Nel 1972 era stata campione europea e nel maggio del 1974 lo straordinario Bayern Monaco di Beckenbauer, Breitner e Muller aveva vinto la Coppa dei Campioni all’Heysel. Ma anche il calcio della Germania Est, fino ad allora quasi inesistente, stava cominciando ad affermarsi. Qualche giorno prima della vittoria del Bayern il Magdeburgo, la squadra di Sparwasser, aveva vinto la Coppa delle Coppe sbarazzandosi in finale del Milan di Rivera.
E la nazionale non era più composta solo da scarti dell’atletica e delle altre discipline, ma da giocatori che potevano dire la loro sul palcoscenico internazionale. Nel girone di qualificazione supera la Romania e si guadagna un visto per attraversare il muro e andarsi a giocare il mondiale in casa dei cugini dell’ovest.
Le palline colorate dell’urna dell’Uefa, a dicembre 1973, si divertono a dare uno scossone alla storia, mettendo di fronte le due Germanie nello stesso girone, insieme a Cile e Australia. Tutti se lo sarebbero evitato volentieri: due anni prima, nelle olimpiadi di Monaco c’era stata la strage di Settembre Nero e la banda Bader-Meinhof imperversava minacciando, di tanto in tanto, di imbottire d’esplosivo gli stadi del mondiale.
Come se non bastasse in quella primavera di trionfi del calcio teutonico i rapporti diplomatici fra Est e Ovest precipitano: il 6 maggio il cancelliere tedesco Willy Brandt, reduce dai successi della Ostpolitik che avevano segnato un riavvicinamento fra le due Germanie, si dimette in seguito alla scoperta di una rete spionistica della Stasi dentro le istituzioni della Germania Ovest. Un episodio che farà saltare, per ragioni diplomatiche anche la supercoppa europea che avrebbe dovuto veder di fronte Bayern e Magdeburgo.
Non era il caso, insomma, di aggiungere tensione anche con una partita di calcio. Ma è in quel clima, il 22 giugno, che si va in campo. Fra i 60mila spettatori ci sono 8.500 tedeschi dell’Est che hanno ricevuto un permesso giornaliero per andare in treno ad Amburgo. Le due squadre sono entrambe qualificate alla fase successiva, si deve solo decidere chi vincerà il girone. Nel primo tempo succede poco: la tensione e l’atmosfera paralizzano un po’ tutti. Nella ripresa la Ddr comincia a crederci e al 78′ succede l’impensabile: Sparwasser in area, salta Berti Vogts e scarica in rete incrociando di destro. Beckenbauer carica i suoi invitandoli alla riscossa dicendo che ”non è successo niente”. Ma come si sbagliava…
La sconfitta, paradossalmente, aiuta la Germania Ovest. Sparwasser e compagni finiscono in un girone semifinale con Brasile, Argentina e l’Olanda del calcio totale. Gli altri si beccano Polonia, Svezia e Jugoslavia e volano in finale, che vinceranno poi, proprio contro quell’Olanda di Cruyff che ha rivoluzionato per sempre il modo di giocare a pallone. Ma che nulla poté contro l’organizzato calcio tedesco.
Sparwasser torna in patria ed è acclamato come un eroe: al suo gol la goffa propaganda di Honecker attribuisce significati politici e mistici: all’eroe della lotta di classe, come ai compagni di squadra, va un premio di 2.500 marchi per il passaggio del turno.
Ma il colpo più forte al muro Sparwasser glielo darà 14 anni dopo: è il 1988 e lui insegna pedagogia dello sport all’Università di Magdeburgo, ma è in contrasto con le autorità locali che vorrebbero farlo diventare allenatore contro la sua volontà. Quando la moglie ottiene un visto per andare in occidente lui decide di seguirla. La Stasi si fa dribblare peggio di come avevano fatto Berti Vogts e la nazionale della Germania Ovest e Sparwasser salta il muro.
Proprio lui, l’eroe della rivincita operaia sul capitalismo, il simbolo del socialismo pallonaro, tradisce un sistema che già sta scricchiolando. I funzionari del partito si incazzano moltissimo e la fuga di quel signore di mezz’età chi si portava dietro una delle pagine più gloriose dello sport delle regime diventa un caso internazionale. Ma è questione di poco: dopo un anno tanti Sparwasser perforeranno il muro come una difesa di brocchi. La Germania diventerà una sola e di Bruder-Duell non ce ne saranno mai più. L’unico che c’e’ stato l’ha vinto lui, Jurgen Sparwasser. E l’ha vinto due volte.
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