Nomi e cognomi
Noi giornalisti siamo una categoria strana, lo siamo sempre stati.
Siamo tutti — fieramente e giustamente — in prima linea per difendere la correttezza dell’informazione, contro le “bufale diffuse da internet” e contro gli imbonitori televisivi che si improvvisano cronisti di nera. E per questo ci diciamo bravi uno con l’altro.
“Noi abbiamo una deontologia, noi abbiamo un’etica, c’è un ordine che ci sanziona”. Diciamo. Facciamo anche i corsi di formazione, pensa un po’.
Poi quando due minorenni sono coinvolti in un caso di cronaca, il duplice omicidio di Ferrara, molti mezzi d’informazione (non tutti, bisogna dire) non resistono a fare i loro nomi e cognomi. In spregio a quell’etica che ci piace tanto, al buon senso e alle stesse regole (in questo caso la Carta di Treviso) che ci siamo dati e con le quali ci sciacquiamo tanto la bocca.
Poi quando due minorenni sono coinvolti in un caso di cronaca, il duplice omicidio di Ferrara, molti mezzi d’informazione (non tutti, bisogna dire) non resistono a fare i loro nomi e cognomi. In spregio a quell’etica che ci piace tanto, al buon senso e alle stesse regole (in questo caso la Carta di Treviso) che ci siamo dati e con le quali ci sciacquiamo tanto la bocca.
Ma tanto si può dare sempre la colpa a internet, no?