Cosa dicono veramente i sondaggi sul Referendum?
Al referendum costituzionale manca circa un mese e ci sono molti sondaggi che cercano di ipotizzarne il risultato. Sì, ok, si dice sempre che dei sondaggi non bisogna fidarsi, che, soprattutto in Italia, vengono fatti con un certo pressappochismo e che spesso, alla prova dei fatti, non rispecchiano gli esiti del voto.
E tutto questo in parte è vero.
Ma lo è anche perché ci siamo abituati a chiedere ai sondaggi politici anche quello che non possono dirci. Se letti con attenzione, i sondaggi certo non predicono il futuro, però ci dicono molte cose interessanti.
Andiamo con ordine, cominciando da quello che si può fare per capirci qualcosa.
Si possono, cioè, spulciare sondaggi delle ultime cinque settimane (dal 26 settembre al 30 ottobre) disponibili sul sito dedicato della presidenza del consiglio, si possono “pesare” per dare più credito a quelli che sono stati fatti con un campione più significativo (perché fra un sondaggio con 500 e uno con 1.500 intervistati c’è la sua differenza) e trarne delle medie settimanali.
(medie settimanali dei sondaggi sul Referendum)
C’è un dato incontrovertibile: il NO è in leggero e duraturo vantaggio, almeno fra gli intervistati che danno una risposta “valida” ai sondaggisti.
Ci sono però anche una serie di questioni da tenere presente che rendono, ad oggi, di fatto, impossibile sostenere che il NO vincerà sicuramente (o anche molto probabilmente) il referendum.
Innanzitutto manca un trend. Ovvero nessuna delle due opzioni in campo ha una crescita stabile e consolidata. Le medie settimanali, come si vede dalla tabella qui sopra e dal grafico qui sotto, oscillano, sia pure di percentuali bassissime, senza assestarsi in un processo riconoscibile: una settimana il vantaggio aumenta di pochissimo, quello successivo cala di pochissimo.
L’andamento dei sondaggi
Ci sono poi alcune avvertenze importanti da tenere presente: anche i sondaggi più affidabili stimano un margine di errore da 1,5 a 3 punti percentuali: un sondaggio che dà quindi, supponiamo, il NO al 51–52% ci sta sostanzialmente dicendo che c’è una leggera, ipotetica, preponderanza per il NO, ma che l’esito delle urne potrebbe far uscire, quasi indifferentemente, entrambe le opzioni.
I sondaggi vengono fatti con due metodi: Cawi o Cati: la W e la T stanno per web o per telefono. I primi, in linea di massima, consentono di raggiungere un campione più ampio, il secondo si rivolge solo ha chi ha il telefono fisso. Nonostante entrambi i metodi tarino il campione per renderlo rappresentativo della popolazione, è evidente che entrambi non riescono a raggiungere la totalità della popolazione: non tutti in Italia, usano internet e non tutti hanno il telefono fisso. Basta che ognuno si faccia un rapido screening delle proprie conoscenze sulla base di chi usa internet ma non ha il telefono fisso e di chi usa il telefono fisso ma non internet, per capire senza bisogno di tante spiegazioni qual è il campione di riferimento. E in un quesito referendario dove le preferenze di voto cambiano sensibilmente in base all’età, questo, da un punto di vista statistico, non è un problema di poco conto.
Tutti i sondaggi presi in esame (sono una trentina) evidenziano poi che c’è una percentuale molto considerevole di indecisi. E’ impossibile dare un numero attendibile perché ogni istituto di sondaggi censisce gli indecisi in maniera diversa, qualcuno non li prende nemmeno in considerazione. E’ però abbastanza ragionevole supporre che gli indecisi, ovvero le persone che hanno intenzione di andare a votare il 4 dicembre, ma che non hanno ancora deciso come, non siamo meno del 18–20%. Che, considerando i numeri in questione, sono una quantità spaventosa. Potrebbe infatti essere sufficiente, per uno dei due fronti contrapposti, convincere il 55–60% di questa fetta di elettorato, per far pendere dalla propria parte il piatto della bilancia il 4 dicembre.
Rispetto a elezioni nelle quali concorrono i partiti, peraltro, è anche molto più difficile identificare gli indecisi. In questo caso, infatti, potrebbe anche trattarsi di elettori “fedeli” nel voto a una forza politica, ma che si trovano in bilico fra il SI’ e il NO. D’altronde alcune forze politiche (basti pensare al Pd) non sono compatte al 100% su una posizione.
C’è poi il grandissimo tema dell’affluenza che di fatto è quasi impossibile stimare attraverso un sondaggio. Conteranno moltissimi fattori, alcuni anche non politici: ad esempio quanto freddo farà la mattina del 4 dicembre. Peraltro, ipotizzare se un’alta o una bassa affluenza possa favorire il SI’ oppure il NO è un esercizio di pura speculazione che mi sembra assolutamente superfluo affrontare.
Senza contare che (e questo a chi come noi sta discutendo di referendum ormai da mesi sembra impossibile, ma vi assicuro che è così) c’è una non trascurabile fetta di elettorato che ancora non si è proprio posto il problema di come votare. E, sempre ammesso che lo faccia, lo farà nei giorni precedenti.
Quindi, in conclusione, cosa ci dicono realmente i sondaggi sul referendum? Ci dicono che il NO è, attualmente, in leggerissimo vantaggio, ma che i numeri i nostro possesso rendono oggi di fatto impossibile fare una previsione attendibile. (Probabilmente se Nate Silver applicasse al referendum costituzionale il suo famosissimo algoritmo darebbe alla vittoria del No una possibilità appena superiore al 50%).
E quindi, a meno che nelle prossime settimane non si osservi il consolidarsi di un trend, è probabile che quello che succederà nei giorni precedenti al referendum, sarà decisivo per il suo esito.
Conterà come, e con quali messaggi, i due fronti sapranno rivolgersi nei giorni più caldi di campagna elettorale a chi non ha ancora deciso come votare.
Conterà quanto le forze politiche saranno in grado di mobilitare il proprio elettorato.
Conterà la crescita o il calo del consenso nei confronti del governo e del premier Matteo Renzi (anche su provvedimenti che con il referendum non hanno niente a che fare).
Conterà “l’atmosfera” della politica italiana fra la fine di novembre e i primi di dicembre.
Il SI’ e il NO sono talmente vicini che, insomma, conterà tutto.