L’elettore Pd e la sindrome di Jesse Pinkman
JP, ha dei vizi, delle debolezze e delle meschinità (ma chi non ne ha, alla fine?) che lo condizionano nel suo agire. Eppure, pur in mezzo ad una situazione non semplicissima, JP ha un’etica. E’ proprio quell’etica che, in mezzo a tanta malvagità, non solo in genere lo fa apparire moralmente migliore degli altri, ma spesso e volentieri gli salva anche la pellaccia in situazioni che sembravano disperate.
JP, in fin dei conti, non vorrebbe fare la vita che fa. Nasce in una buona famiglia, quando lo conosciamo – è vero – è già un po’ smarrito. Ma non crede di essersi cacciato in un casino così grosso. E tutto sommato ha delle aspirazioni di una vita normale: JP sa innamorarsi, sa affezionarsi alle persone, sa essere un buon amico.
Eppure a JP gliene succedono sempre di tutti i colori. E’ colpa delle scelte che fa – mi si obietterà – ed è vero. Ma è anche vero che, a prima vista, le scelte di JP appaiono spesso obbligate, quando non addirittura di buon senso. Gli dicono: “JP, tranquillo, stavolta non sarà come l’altra volta, stavolta sarà diverso”. E lui si fida. O meglio, si affida a persone che si rivelano poi poco raccomandabili. E una volta che ci si è affidato, che ha fatto accendere dentro di sé la speranza, arrivano i guai, sistematicamente.
JP difende le scelte che fa. E’ leale nei confronti delle persone a cui si è affidato, almeno fino a che la sua etica glielo permette, anche se è spesso costretto a compiere azioni che, in una situazione normale, non compierebbe mai. Ma JP non si trova mai in una condizione normale. MAI. Ed è costretto a farci i conti.
Spesso JP pensa di scappare, pensa di andarsene, pensa di chiamarsi fuori una volta per sempre. Sembrerebbe una scelta sensata. Ma JP, semplicemente, non può farlo. Rimane condizionato nella spirale della scelta precedente, che condiziona (e rende ogni volta più difficile) quella successiva.
E nel frattempo, JP prende sempre e invariabilmente un sacco di botte.
Non ricorda terribilmente l’elettore del Pd?