Lettera aperta ai nuovi resistenti (o alla #nuovaResistenza)
La vostra fortuna è che i partigiani, purtroppo, ma inevitabilmente per ovvie ragioni relative al trascorrere inesorabile del tempo, sono quasi tutti morti. E che quelli che non sono morti hanno spesso una voce instancabile e forte, ma un fisico nel quale gli anni hanno portato ferite più profonde di quelle del nemico invasor.
Magari qualcuno di voi, in gioventù, in qualche assemblea d’istituto, qualche parente, qualche amico dei nonni, un partigiano lo avrà anche incontrato.
Ma all’epoca eravate troppo impegnati a giocare con i videogames e non li siete stati a sentire.
E avete fatto male, perché avreste imparato due o tre cosette che oggi vi sarebbero tornate utili.
Perché quel parlamento dove tanti di voi sono entrati non è un luogo che c’è sempre stato, ma è stato conquistato e difeso. E dove il parlamento non c’è, vi assicuro, che si sta molto molto peggio anche se non hanno il problema degli scontrini da dover ricontrollare.
Perché quel diritto di dire qualsiasi cosa vi passa per la testa, a volte a ragione, altre a vanvera, una volta non c’era nemmeno quello. Se adesso l’effetto dell’esercizio di quel diritto sono i mugugni di un vecchio brontolone o le critiche degli avversari politici, una volta sarebbe stato che vi venivano a prendere a casa vostra, vi legavano mani e piedi e, se eravate fortunati, vi portavano al confino. Altrimenti peggio.
Vi avrebbero insegnato che le istituzioni sono sacre, anche se sono rappresentate da persone che non stimiamo, perché sono la cosa che ci fa stare insieme, che ci impedisce cioè di ammazzarci l’un l’altro a coltellate quando ci incontriamo per strada. Per dire.
Vi avrebbero detto che quel modo di dire, “tutti a casa” che usate per cominciare e finire ogni discorso, è già sbagliato da solo, perché quando si ha un avversario politico, una persona che non la pensa come noi, non lo si vuole mandare a casa, ma lo si vuole sopraffare dialetticamente con la forza delle nostre idee, che giustamente crediamo migliori, magari convincerlo che abbiamo ragione noi.
Vi avrebbe insegnato che la violenza è nemica della pace. Tutta, anche quella verbale, quella degli atteggiamenti, quella dei comportamenti. Se fino ad ora nessuno si è fatto male, non vuol dire che questo non accada mai.
Quindi ok, sono interessanti molte delle cose che dite. Ma prima di parlare di Resistenza fate una cosa: andate a Marzabotto e salite, a piedi, fino a Monte Sole. Magari per strada incontrate pure qualche partigiano o qualche sopravvissuto della zona che anziché colpirvi forte col bastone con il quale si aiuta per camminare come vi meritereste, vi racconterà qualche storia di quelle valli.
(Preparatevi perché è roba forte, altro che scie chimiche o chip sottopelle).
Quando siete arrivati in cima, se il vostro fiato o la vostra coscienza ve l’avranno permesso, vedrete che qualcuno che vi offre un bicchiere di vino lo trovate di sicuro.