21
Nov
2013
0

La memoria del pallone

Qualche anno fa, in occasione dei mondiali del Sudafrica, scrissi un po’ di storie per un altro blog, le chiamai la memoria del pallone: storie che hanno a che fare con il calcio, ma non solo. Incrociano quelle di drammi, tragedie, dittature, momenti importanti della storia del novecento. Il calcio c’entra sempre.

JORGE CARRASCOSA, IL LUPO CHE DISSE NO AI COLONNELLI

Chiudete gli occhi e immaginate: alzare la coppa del mondo con la maglia della propria nazionale davanti al proprio pubblico. Chi da bambino non ha mai fatto un sogno così? Un sogno, appunto. Si sarebbe disposti a tutto per realizzarlo, A tutto, forse, o quasi. Perché c’è anche chi, a quel sogno, ha deciso di rinunciare, perché non era giusto e perché non ne valeva la pena.

Un difensore, due difensori, tre difensori, tac, tac, tac, poi anche il portiere, tac. Eccola là, forse una delle serpentine più belle della storia del calcio. Anche se non l’ha vista quasi nessuno. O meglio, quelli che l’hanno vista, per un motivo o per un altro, hanno preferito non raccontarla.

Che brutto modo per inizarsi al calcio. Forse ci sono persone più titolate di me per parlare dell’Heysel: feriti, superstiti, testimoni. O anche chi, davanti alla televisione, aveva un po’ più d’esperienza e di cervello per capire quello che stava succedendo.

Non credo che mai così tanta gente tutta insieme abbia pianto per una partita di calcio. Forse è ingiusto parlare di tragedia visto che non è morto nessuno (a parte qualche decina di suicidi riconducibili all’episodio), ma quello che è successo il 16 luglio 1950 davanti a 180mila spettatori rimane una delle pagine più cariche di tristezza della storia del calcio di tutti i tempi.

Ci sono degli episodi, nella storia del secondo novecento, che tutti si ricordano dove si trovavano quando accaddero. Chi è nato nella Germania Est spaccata dal muro ricorda alla perfezione dove si trovava il 22 giugno 1974, quando al Volsparkstadium di Amburgo Jurgen Sparwasser tirò una pallonata contro il muro di Berlino.

Provate a prendere dei bambini, tutti di razze, colori, nazionalità e linge diverse e date loro un pallone. Fin dal primo rimbalzo, dal primo tiro, dal primo passaggio, parleranno una sola lingua, avranno una razza sola, non ci saranno più differenze fra loro se non quelle dettate dal campo, fra chi ha i piedi buoni e chi non ce li ha.

IL CALCIO STORICO FIORENTINO, L’INVENZIONE DELLA TRADIZIONE

C’è chi pensa che il calcio, o almeno un antenato del calcio, sia nato a Firenze, come dimostrerebbe il calcio storico fiorentino, ovvero le partite rievocative che nel giugno di ogni anno si svolgono, ordine pubblico permettendo, in piazza Santa Croce, mandando in visibilio i turisti giapponesi e un nugolo di iper appassionati locali.

(continua a leggere…)

ARPAD WEISZ: IL PROFETA DEL CALCIO EUROPEO MORTO AD AUSCHWITZ

Era l’allenatore più vincente di tutti gli anni Trenta: un po’ come Mourinho e Capello messi insieme, però molto più giovane. Un mito indiscusso del pallone, una gloria che aveva inventato un modo di giocare non bellissimo, ma concreto e vincente. La follia nazista non ne ebbe pietà.

(continua a leggere…)

IRAN, DOVE IL CALCIO FA PAURA AL POTERE COME LA RIVOLUZIONE

In Iran il calcio fa paura al potere. Forse più della rivoluzione, forse più della politica, forse più delle manifestazioni popolari. Perché è un elemento che riesce ad unificare il popolo, a dargli un anelito di libertà e una ribalta mediatica mondiale.

(continua a leggere…)

ZVONIMIR BOBAN, LE LACRIME DI UN CAPO ZINGARO

Un vero capo zingaro non dovrebbe piangere. Mai.
Tranne che in un caso: se a 20 anni inneschi da solo una guerra contro il mondo e a 30 la vinci. Allora le lacrime si possono anche perdonare.

(continua a leggere…)

VITTORIO POZZO: IL CT SENZA ETICHETTE CHE IL CALCIO HA DIMENTICATO

Fascista, antifascista, monarchico, nazionalista, militarista? Difficile definire con un aggettivo secco la complessa personalità del protagonista assoluto del ciclo più vincente della nazionale italiana, gli anni Trenta dai due mondiali e dall’oro olimpico che sotto i vessili dell’Italia fascista portano la firma incancellabile di Vittorio Pozzo.

(continua a leggere…)

0

Leave a Reply